Neil Gaiman è giunto al luogo dell’incontro in perfetto orario, naturalmente vestito di nero.
La sala era piena e al suo ingresso un lungo applauso del pubblico gli ha dato il benvenuto.
Matteo Stefanelli, l’intervistatore, ha aperto la serata citando l’inizio di
American Gods:
I confini del nostro paese, signore? Ebbene, signore, a nord confiniamo con l’aurora boreale, a est con il sole nascente, a sud con la processione degli equinozi e a ovest con il Giorno del Giudizio. In maniera analoga i confini dell’opera di Gaiman seguono tutte le direzioni e, in effetti, anche l’intervista ha affrontato numerosi argomenti.
Parlando del film
Stardust e dei risconti avuti in America in seguito alla sua uscita nelle sale cinematografiche, Gaiman ha sostenuto di provare molto piacere nel sentirsi dire
il film è meraviglioso… ma il libro è meglio! e ha aggiunto:
un autore non vuole altro, il libro è sempre meglio di qualsiasi film perché lo costruisci nella tua mente e lo fai perfettamente.
A proposito di Stardust, Gaiman ha raccontato la travagliata vicenda che ha portato sul grande schermo la famosa storia illustrata da Charles Vess.
Nel 1999 la Miramax acquistò i diritti sul romanzo ma, considerato che non c’era ancora un regista disponibile a girarlo, non fu mai realizzato uno script definitivo. Uno Stardust di Tim Burton sarebbe stato molto diverso da uno girato da Tarantino! Lo script, insomma, andava scritto su misura per il regista.
Passarono gli anni e l’opzione della Miramax arrivò a scadere e a quel punto Gaiman ricevette diverse proposte di registi e di attrici bionde aspiranti al ruolo di Stella, ma l’autore le rifiutò tutte.
In questo frangente appare la figura di Matthew Vaughn che aveva già prodotto il corto diretto da Gaiman dal titolo
A short film about John Bolton. Vaughn si interessò a Stardust per merito della sua splendida consorte (per chi non lo sapesse Vaughn è sposato con Claudia Schiffer) che, durante la gravidanza lesse d’un fiato il libro e ne rimase estasiata al punto da parlarne in modo entusiasta al marito che decise di produrre il film.
Fu contattato Terry Gilliam per la regia ma l’incontro, avvenuto presso un ristorante italiano, fu negativo. Il regista, infatti, in seguito a
I fratelli Grimm e l’incantevole Strega non aveva intenzione di dirigere un altro film basato su una favola.
Nel frattempo, e casualmente, Vaughn era divenuto regista con il film
Layer Cake e fu allora che questi, con l’approvazione di Gaiman, prese la regia del film su Stardust.
In seguito a questa decisione venne stabilito anche chi avrebbe dovuto realizzare la sceneggiatura e la scelta ricadde su Jane Goldman.
Accennando alla prossima uscita di
Beowulf e
Coraline, Neil si è soffermato sul rapporto che esiste tra un’opera di successo e Hollywood. Secondo l’autore Hollywood ha prodotto in passato film sulle principali opere di Broodway, mirando principalmente al successo. La stessa cosa accadde successivamente con i romanzi gialli ed ogni opera di successo fino a giungere oggi ai romanzi fantasy.
Di questi tempi si prediligono queste opere perché la tecnologia permette effetti speciali tali da valorizzare l’aspetto fantastico in esse contenuto. Secondo Gaiman il film dell’Uomo Ragno, senza l’attuale tecnologia sarebbe imbarazzante, mentre oggi vedere il protagonista creato da Stan Lee volteggiare per i grattacieli di New York è, a suo dire,
fico.
Per sottolineare lo stretto legame fra il business e Hollywood, Neil ha raccontato un simpatico aneddoto. Un giorno Alan Moore gli disse scherzosamente che prima o poi avrebbero realizzato un film sui personaggi presenti sulle scatole di cereali. Poco tempo dopo Neil raccontò questa ironica storia ad un "uomo di Hollywood" e questi gli disse
ma come fa a saperlo?.
A questo punto Matteo Stefanelli ha domandato a Gaiman quale sia per lui l’importanza del fantastico nella letteratura. Per l’autore inglese non c’è differenza tra letteratura e fantastico. E’ da più di 5000 anni che il fantastico è presente nelle opere di letteratura come la Bibbia o la Divina Commedia. La distinzione è nata in seguito alla pubblicazione de Il Signore degli Anelli, considerato il pioniere del genere fantastico. Tale cambiamento non è stato necessariamente positivo in quanto successivamente sono nati dei veri e propri casi di emulazione come la saga di Shannara.
Dal punto di vista di Gaiman, gli autori usano il fantastico, il magico, per rendere le cose reali. La letteratura da questo punto di vista è sempre la stessa, è uno strumento per rendere reali le cose attraverso la metafora e consente di dire cose che non potrebbero essere dette altrimenti. La distinzione tra letteratura e fantastico deriva da quella che Gaiman ha definito
funzione mimetica, ovvero la tendenza a tenere in poca considerazione il fantastico come se non fosse letteratura.
Infine l’intervistatore ha focalizzato il discorso sugli strumenti del lavoro di Gaiman, come le divinità e i racconti mitici.
A tal proposito Gaiman ha affermato, riferendosi a Sandman, che l’età delle grandi storie mitiche non è mai finita. L’autore inglese ha continuato dicendo che scrivere una storia mitologica di 2000 pagine non è una mostruosità ma anzi la stessa potrebbe risultare persino breve. La lunghezza non è un elemento essenziale per l’autore, poiché l’importante per lui non è scrivere in funzione di un contenuto specifico ma, piuttosto, portare avanti la narrazione chiedendosi
come può andare avanti questa storia?. Per questo Gaiman si stupisce ogni volta che i critici tracciano una linea di continuità e coerenza narrativa, che trova spesso le sue origini nel mito.
Al termine dell’incontro, Gaiman si è trattenuto a lungo con i suoi fan elargendo autografi e foto ricordo.